Mi piace come scrive Daniele Mencarelli, è uno scrittore, che va dritto al cuore, senza mezze misure. Reale e profondo.
Un poeta - scrittore con una grande sensibilità e una forte consapevolezza di se stesso.
In questo suo secondo romanzo autobiografico, Daniele, parla della sua instabilità emotiva e della sua rabbia, rischiando di compromettere la vita del padre.
Di seguito, il ragazzo allora ventenne, viene rinchiuso per una settimana nel reparto di psichiatria e sottoposto al trattamento TSO: trattamento sanitario obbligatorio.
In questo posto, conosce persone che come lui, fanno fatica ad inserirsi nella società e ad accettarla.
Sono dei reietti: cinque uomini ai margini del mondo. Accomunati dal ricovero e da un caldo insopportabile, impareranno a dare un senso a quei giorni, a combattere l'indifferenza dei medici e a
cercare un senso di fratellanza tra di loro.
Un libro che " urla " per la sua potenza evocativa e per lo sguardo che va al di là delle apparenze. Straordinario!
"Bastava talmente poco. Bastava ascoltare, guardare negli occhi, concedere. Perché per loro non eravamo degni di essere ascoltati.
Perché i matti, i malati, vanno curati, mentre le parole, il dialogo, è merce riservata ai sani.
Questo abbrutimento è la scienza? Non aprirsi mai alla pietà, svuotare l'uomo sino a farlo diventare un ingranaggio di carne. Sentirsi padrone di tutte
le risposte.
E' questa la normalità? La salute mentale?
La vera pazzia è non cedere mai. Non inginocchiarsi mai.
(...) Vivrò da infelice, prima o poi il dolore avrà la meglio, ma non siete voi quello che voglio diventare."